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Il reportage: ma quanto è inflazionato questo termine?

Posted by nuvolazzurra on 11 apr 2014 / 0 Comment

Partiamo dall’inizio, qual è il significato di questa parola? Facendo una piccola ricerca su Google, tra le diverse definizioni, sono arrivato a questa conclusione: è un termine di origine francese che significa “raccontare” una storia.

A tal proposito vi racconto questa storia. Tempo fa sono entrato in un negozio della mia città e il proprietario, conoscendomi, mi ha chiesto se gli potevo realizzare delle fotografie da utilizzare per un suo volantino pubblicitario. Non potendo svolgere il servizio in quel periodo ho provato a dargli qualche informazione su come, e cosa, avrei fotografato nel suo negozio. Durante la nostra chiacchierata abbiamo allargato il discorso e siamo arrivati a parlare di fotografia di matrimonio e anche di “reportage”. Qualche settimana dopo sono tornato nel negozio e il proprietario, tutto fiero e felice, mi ha mostrato il suo lavoro: “guarda, ho preparato il reportage della mia attività!”. Con grande curiosità, ho subito voluto visionare le fotografie: il locale, i prodotti, il bancone, le foto in posa nei vari punti del negozio… insomma per lui quelle foto rappresentavano la “storia” della sua attività e quindi rappresentavano il reportage del suo lavoro.

Sono tornato a casa e ho provato a cercare su internet. Inserendo su Google le parole “reportage” e “fotografia” sono rimasto sorpreso da quanti fotografi di matrimonio riportano nel loro sito, tra i servizi offerti, “reportage” di nozze. Se il tutto terminasse lì sarebbe, forse, credibile… ma questi fotografi pubblicano le loro foto. Potrebbero limitarsi a dire che propongono “anche” reportage visto che di quel tipo di fotografia, in realtà, non è presente nemmeno un esempio. Possiamo solo supporre che le fotografie in stile reportage non siano state mostrate sul sito.
Signore e signori, le foto in posa (che ammetto di fare, qualche volta, anche io), quelle pre-costruite, quelle non spontanee, quelle che generano flash-ate abbaglianti non sono reportage. Il racconto di una storia prevede che il narratore (il fotografato nel nostro questo caso) sia il più neutrale possibile e lasci che il racconto, e la storia, scorra senza interruzioni. Ogni minima alterazione della realtà (la posa, il flash, l’artificiosità…) non permette di raccontare la storia in modo neutrale.
Ma perché, allora, questi fotografi dicono che fanno “solo” reportage anziché dire che fanno “anche” reportage? Ci ho pensato e sono arrivato a questa conclusione: ogni fotografo di matrimonio a fine giornata è in grado di mettere le fotografie in ordine cronologico e quindi di riportare la storia della giornata. Quindi, secondo lui, ha realizzato il reportage della giornata.
Quello che però fa realmente la differenza è come, e quindi il modo, in cui si racconta la storia.
Ve ne racconto un’altra… quando ero bambino ricordo di avere ascoltato tantissime fiabe e favole. C’erano persone che, durante il loro racconto, mi facevano addormentare dopo 5 minuti e altre , invece, che mi stimolavano. Parola dopo parola, anziché dormire, ero sempre più emozionato e curioso di ascoltare. Questo è solo un altro esempio per dimostrare ancora una volta come, a parità di condizione (stessa storia), il modo di raccontarla possa fare la differenza.

La mia ricerca su Internet, fortunatamente, mi ha anche permesso di trovare tantissimi altri fotografi che fanno effettivamente reportage. E’ da questi che bisogna imparare e prendere spunto: apprendere il loro modo di lavorare, studiare le loro fotografie, leggere i loro libri, partecipare ai loro workshop… Credo che anche il fotografo più esperto e qualificato abbia qualcosa da imparare nello studiare altri fotografi che hanno uno stile simile. Penso che la cosa più importate sia trovare il proprio stile fotografico e seguire quello, senza promettere uno stile che non si è poi in grado di mantenere.

L’emozione regalata ad una sposa con uno scatto spontaneo non ha prezzo.

A presto,
Fabrizio

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